La mitologia del benessere
si sostiene su una mentalità in cui nella vita intesa come spazialità
ideale ontologica ci sarebbe un possibile stato di bene in cui si
tratterebbe di misurarsi continuamente per stabilire il tipo di rapporto con
l’ambiente, con la società, con il proprio corpo, con se stessi, con gli altri,
con gli animali, con il cibo, con i cattivi pensieri, con il sonno, con il sesso,
con la fiducia in se stessi e negli altri, con il riso, con la malinconia, con
la felicità, con gli amici, con i nemici, con i colleghi, con l’azienda, con il
lavoro.... e quant'altro, come se ogni cosa fosse
un’entità stabilita e conosciuta e come se si potesse attuare un principio di
padronanza per dirigere quel che accade nella direzione voluta o auspicata. E ogni cosa è pensata come nota nel suo rapporto con il bene presunto.
“So che questo mi fa bene”, “So che questo mi fa stare bene”
Questa mentalità è alla base del sostanzialismo e del mentalismo.
Due modi dell'illusionismo della padronanza.
La nozione di mente in voga in questa
mentalità è prossima all’idiozia. Un’entità inerte, idiota, che si può
ingannare, manipolare, per volgerla dal male al bene.
Un fardello che ogni umano
deve prodigarsi per salvare.
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