giovedì 26 marzo 2015

Il pettegolezzo


“Che si dice? Che si dice? Tutto bene?” 

Ecco un'altra convenzione, posta nel saluto, per espellere la parola e con essa la madre. “Tutto bene!”. Che assurdità.

Senza la madre come indice del malinteso, il fantasma psicotico della maldicenza o della benedicenza è sempre a portata di mano. Come l’idea del malaffare. È questa la base del pettegolezzo, che procede dal parlare facile, dal  parlare attribuito al soggetto, dal parlare da soggetti, creando i personaggi del bene e del male. Il pettegolezzo inscrive in sé l’universo della giustificazione, dell’argomentazione, della dimostrazione, della spiegazione che devono riportare il discorso al fondamento noto per confortare e rinsaldare il soggetto, cioè il rappresentante della stabilità ideale che ognuno crede di dover essere, per credere di capirsi. Fra simili.

Dove c’è soggetto, la parola è espulsa, negata.  

Il lieto fine

COMUNICAZIONE





 Giovedì 26 marzo 2015, alle ore 21, nella Sala di Palazzo Eurobuilding, in Largo Europa 16, 1° piano, scala A, a Padova, nel quadro degli incontri intorno a L'INCONSCIO, LA SCRITTURA, organizzati dall'Associazione cifrematica di Padova, il dott.Ruggero Chinaglia, medico, psicanalista, cifrematico tiene la conferenza dal titolo IL LIETO FINE. Per partecipare è necessaria l'iscrizione.

domenica 22 marzo 2015

A proposito dell'inconscio...


L’inconscio non è un livello, non è un organo, non è un discorso, non è un programma, non è una scheda, non è un chip, non è un crittogramma, non è la faccia oscura della coscienza. Non è nemmeno il luogo dei ricordi. E nemmeno è un personaggio animato o da animare.
Farne un personaggio è stato e è un modo per rappresentarlo in uno standard. Per padroneggiarlo. O per farne il padrone da combattere. Non è un personaggio con una sua volontà.
Farne un personaggio per animarlo vuol dire attribuirgli un fine. Questa presunta intenzionalità dell’inconscio risponde all’esigenza del fine di bene che ha le sue origini nel mondo greco. E poi prosegue nel contesto cristiano.
L’inconscio non è l’altro nome di una spiritualità che tende al bene, né al male. Il finalismo, l’aspetto teleologico non ha a che vedere con l’inconscio, ma con la sua rappresentazione in una guida. Sarebbe l’inconscio come madre, l’inconscio materno, maternalistico.
Né è da ascrivere all’inconscio un carattere di universalità, cioè di essere un contenitore delle caratteristiche che possono costituire l’aspetto comune del genere umano. Non è l’altro nome della natura. Né è l’essenza che costituirebbe il fondamento dell’uomo e/o delle cose. Né ciò che si oppone al libero arbitrio. Tutto ciò è materia del discorso e del fantasma di padronanza.